TERZO RACCONTO - The last vampire(Harturian's chronicles)

venni svegliato dal rintocco della campana del cimitero,il tramonto era ormai prossimo,e presto sarei uscito per cacciare..iniziavo a sentire i morsi della fame..non avevo ancora imparato a controllarla..ah scusate mi presento,il mio nome è Harturian,e sono un vampiro..un giovane vampiro..lo sono da soli due giorni,il mio mondo è tutto ancora da scoprire,il mio creatore mi ha abbandonato dopo avermi dato il dono..per lui sono stato solo un ennesimo fallimento..e così mi ha lasciato alla mia immortalità,vulnerabile in quanto ancora incapace,ignaro di cosa sia essere un vampiro.,Tutto ebbe inizio 2 giorni fa..avevo litigato con Mercy,la mia fidanzata,era finita..una storia di 4 anni..ed ero distrutto..mentre camminavo solo per la strada,vidi su di un muro affissa una locandina,mi fermai a leggere,"Il maestro Anubersev,grande illusionista,cerca apprendista,recarsi nella laguna di Bistrot,troverete la sua tenda."Mi interessava...avevo sempre avuto la passione per l'illusionismo..mi attraeva..e poi..forse avrei potuto dimenticare Mercy..o almeno svagare la mente,ricominciare da zero...
Il lungo viale che mi conduceva al tendone dell'illusionista era avvolto nella penombra, illuminato, a tratti, solo dalla fioca luce filtrata dalle chiome fiorite. Il silenzio che mi circondava era opprimente e la desolazione aiutava il mio stato d'animo affranto.
<< Se solo non mi avessi lasciato!>> pensai, sfogando la mia frustrazione su un ciottolo che, con la spinta del mio calcio, volò lontano.
"Quanta rabbia per un solo uomo!" ironizzò una voce da lontano.
Sollevai lo sguardo dalla ghiaia per posarlo sull'interlocutore e mi si mozzò il respiro quando la notai.
Ricordo che mi bastò fissare i suoi meravigliosi occhi verdi per dimenticare ogni cosa, persino il mio nome.
Un sorriso seducente mise in mostra i suoi denti bianchi e le illuminò il viso dall'ovale perfetto, il naso dritto e all'insù le dava l'aspetto di una regina e quei capelli ramati che le ondeggiavano sulle spalle la rendevano ancora più affascinante.
Ampliò il sorriso mentre si avvicinava con movimenti sinuosi e magnetici, sembrava un tutt'uno con la natura o forse, ero io troppo irretito per vedere altro.
Non riuscivo a sciogliermi dal suo sguardo, e in realtà non volevo.
Il tempo di un respiro ed era davanti a me, sentivo il suo profumo, un misto di rose e cenere che in fondo trovavo piacevole.
La sua esile mano si pose sulla mia guancia ispida, fredda e delicata allo stesso tempo.
"Posso renderti felice!" promise con voce melodiosa.
<<ne sono sicuro!>> pensai, senza riuscire ad emettere alcun suono.
"Dimentich...."
"Kaira, lascialo stare!" la interruppe una voce baritonale.
Lei si volse in direzione della voce e la imitai.
Un uomo, in lontananza, ci stava guardando....
In un baleno la vampira si dileguò come una nebbia scura..

<<perdonala>> disse l'uomo con marcato accente irlandese. Era un uomo tarchiato, dai capelli ispidi ricci e fulvi. Aveva occhi color del ghiaccio, uno sguardo intelligente che scrutava ogni cosa e un naso a patata, che lo rendeva gioviale. Mostrava all'incirca 40 anni.
<<non è cattiva solo inesperta..>>
mi diede una lunga occhiata
<<come te del resto>> ammiccò e mi fece un sorrise, mostrando i canini allungati apposta.
<<io sono Julian, ma puoi chiamarmi Jul. Sono il padrone di questo circo e Master di questo gruppo di vampiri nomadi, allora ti vuoi unire a noi?>>
<<sono Ha.. Ha..Harturian>> riuscii a balbettare ma l'uomo era sparito dentro una casa di mattoni anneriti tipici di Londra, a fianco al tendone.
Incuriosito lo segui...
Credere che fosse un vampiro era fuori discussione, di sicuro la cosa più probabile era che fosse un esaltato, ciò nonostante, mi addentrai nell'edificio. Il nauseante odore di chiuso misto a quello di cera fusa colpì le mie narici e lo scricchiolio del legno sotto i miei passi procurò un'eco sinistro che mi diede i brividi. I peli del mio corpo si alzarono come se fossi un gatto spaventato.
C'erano tutti i presupposti per tornare indietro, ma una strana sensazione, quasi un'imposizione mentale che a malapena riuscivo a percepire mi obbligò a rimanere in quel luogo.
Un ruggito mi giunse alle spalle....